Monthly Archives: March 2014

Torino – #29M – Corteo regionale per il diritto alla casa

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SABATO 29 MARZO 2014

ORE 15
C.SO MARCONI ANG.VIA MADAMA
TORINO

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[CORTEO REGIONALE PER IL DIRITTO ALLA CASA]
Assedio alle risorse e all’austerity
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# Contro il piano casa del governo Renzi e per l’immediata
cancellazione dell’art.5 contro le occupazioni abitative
# Blocco di sfratti, sgomberi e pignoramenti
# Contro le speculazioni, il consumo di suolo e la svendita
del patrimonio pubblico
# Contro la distruzione del welfare, utilizziamo le
risorse regionali per casa, scuola, reddito, sanità
# No alla truffa dell’housing sociale per un rilancio
dell’edilizia popolare
# Stop al pagamento dei 480 euro da
parte degli inquilini ATC per
l’accesso al fondo regionale per la casa


Violenza reale e violenza virtuale @Ask.fm

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Coincidono davvero?

Si sviluppano in parallelo?

Stamattina ascoltavo Rainews, c’è stato un dibattito proprio su questo.

I giovani ragazzini sono diventati violenti a causa della società violenta e dell’uso spregiudicato dei social network.

Questa è la tesi di base che veniva sostenuta.

Internet è il mondo [e NB: non lo specchio del mondo – altrimenti sarebbe questione di specularità e sarebbe l’opposto del mondo].

Scendiamo di un gradino in grandezza: la società è il web -> i giovani sono influenzati dalla società = i giovani sono influenzati dal web.

Qualcosa di virtuale (il web) agisce su persone fisiche come se fosse esso stesso un contesto fisico.

Ora, parlando di società fisica, forse si sbaglia.

La società in sè stessa è virtuale, e qui avevano ragione i nominalisti già dal 1400: non esistono universali concreti, ma solo il nome generale con cui designiamo il concetto -> non esiste “L’Uomo”, esistono solo singoli uomini (individui, nomi singolari);

Quindi, mi vien da dire, noi siamo influenzati da ciò che è virtuale (nel senso che non esiste concretamente come oggetto) tanto come da ciò che è reale.

Che esista internet o meno.

Prima il web non esisteva come rete parallela, ma il concetto di società c’era già comunque. E la società prima non era più concreta di quello che è oggigiorno.

Oggi semplicemente il fenomeno dell’”essere influenzati da” si è allargato e potenziato. Perchè si è creata una copia della società, un virtuale del virtuale, che ci è ancora più lontana.

E’ ovvio che ci sono dei collegamenti tra mondo reale e mondo virtuale, ma questo da sempre, tra concetto ed oggetto.

La questione è: che cosa prevale?

Su cosa ci basiamo per decidere quale comportamento adottare?

Da dove acquisiamo i nostri valori?

Beh, siamo nel 2014, e se prima di Internet i valori venivano tramandati dalla famiglia, dalle istituzioni e dalla società [per quanto di natura virtuale possa essa comunque essere], oggi non è così, e ciò che ci fa crescere è – forse – il web.

Quante cose impariamo del mondo, guardando solo la sua descrizione? Descrizione che non è affatto esperienza del mondo, attenzione. Non conosciamo il mondo, ne abbiamo un discorso, una storia, un racconto. Un’immagine, una costruzione. Siamo così lontani dai fatti reali che nemmeno ce ne accorgiamo. Vediamo cose e crediamo di provare emozioni – crediamo, perchè magari davanti alla scena concreta il nostro status cambia.

Dove va a finire il senso dell’orientamento nel 2014? A farsi fottere, ecco dove va.

Solo un buon intuito, una buona preparazione tecnica, ossia, il conoscere un minimo la rete e sapervisi destreggiare, una buona prudenza, riescono a farci – un minimo – orientare.

Perchè anche l’hacker più bravo trova serie difficoltà, ogni tanto.

C’è da dire che il web, essendo la copia della società, non è nè più nè meno complicato della società stessa.

Quelli che sostengono che Internet è una giungla in cui troppo facilmente ci si perde, si, hanno ragione da un lato, ma non pensiamo che vivere in una società – in generale –sia molto più semplice.

Gli eventi del web seguono più o meno lo stesso sviluppo di quelli sociali. [fate caso a come avvengono le discussioni].

Ora, io però parto da un presupposto sbagliato, ahimè: che i più tanti utilizzatori dei servizi Internet siano persone in grado di intendere e di volere, con un minimo di senso del mondo, di educazione, di intelligenza, di gentilezza, e sì, che sappiano un minimo come funzionano le cose qua dentro.

Ma, quando poi leggo che persone si suicidano per un insulto su Ask.fm – mi fermo un attimo e ci rifletto.

Non sto dicendo che siano carne da macello e che siano dei coglioni ad attuare una cosa del genere – per un insulto sul web.

No, perchè questo viene semplicemente a confermare la mia tesi: che il web è la società stessa. Ed agisce su di noi alla stessa, medesima, fottutissima maniera. Ed un suicidio, di solito, viene attuato per motivi simili o pari ad un insulto anche nella vita “reale”.

La soluzione?

Intendere il web non come il web e basta, ma come la società stessa.

Noi ora siamo anche questo.

Dai accesso ad Internet ad un bambino di 11 anni: ottimo, ma prendi le tue dovute precauzioni. Devi essere cosciente tu, genitore, che è come se lo stessi lanciando in mezzo ad una folla di persone che parlano, ridono, urlano, si insultando, si baciano e si abbracciano.

E’ la stessa medesima cosa.

Guardi un profilo Facebook e intendi molto della persona che lo sta utilizzando. E’ una stronzata capire con chi hai a che fare (stiamo parlando di profili NORMALI di gente NORMALE) – non profili falsi o falsati in certe cose, persone che non si vogliono mostrare o cose del genere.

Che alla fin fine “profili falsati” esistono anche nella vita reale [pensate alle persone ipocrite, quante ne avete avute davanti!].

E’ brutto forse da dire, ma la ragazza che si è uccisa per un insulto su Ask.fm si sarebbe uccisa anche se l’insulto le fosse stato rivolto a scuola.

Non è apodittico, ma è un dubbio che così, mi sorge.


Venerdì 4 Aprile “Dai monti del Kurdistan” @ Blackout House

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“Come un corpo solo” – Mostra fotografica dalle 19.

4 aprile 2014@Radio Blackout


Che cos’è la rivoluzione?

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E’ come uno specchio.

Qualcosa di speculare rispetto allo stato attuale.

Avevo letto che due sostanze con le molecole speculari diventano due sostanze differenti. E che finiscono addirittura per prendere nomi diversi.

Ci stavo pensando sai, un paio di settimane fa.

Ho sempre in testa il fatto di cambiare le condizioni con cui si pone il problema, ma alla fine questo è semplicistico. Poi l’altro giorno a lezione mi è saltato in mente una cosa.

Il prof dice: “… perchè tramite questo si genera la possibilità/condizione di” – e allora forse bisogna andare ancora più in fondo, alle origini delle condizioni. E là è la soluzione.

Credo che una mentalità, e non tanto un’idea, omogenee, siano la base per far qualcosa. Se hai la mentalità, il modo in cui la tua mente te la sei costruita, (e non tanto te la sei fatta costruire) giusta, è un buon punto di partenza.

Che poi giusta è un termine sbagliato, ma non so come chiamarla.

Alla fin fine è forse questione di empatia, più che di parole. Non puoi spiegare un sentimento, perlomeno non bene come lo è viverlo di persona.

Puoi cercare di liberalizzare finchè vuoi la ganja, ma se metà parlamento non si è mai fatto una canna, fa fatica a darti ragione. Puoi andare in giro finchè vuoi a dire che i neri non sono cattive persone, ma se uno non ha mai parlato con nessuno di loro, non ci crederà mai. Non è solo mera apertura mentale, è questione di essere anche esseri umani – che certe cose nemmeno andrebbero spiegate, e invece ci scrivono sopra dei libri interi.

Ha ragione ******** nel dire che ci vuole un partito aperto a tutti, anche ai fascisti, mettiamola così. Non sparerei ai fascisti, i loro figli mi ammazzerebbero giustamente.

Non lo so cos’è la rivoluzione, davvero, non so come farla, perchè un metodo preciso non c’è, non so da dove partire, perchè ormai, un punto di fine ed inizio non c’è più, che uno ci creda o meno.

Deve essere qualcosa di spontaneo, alla fine è lei che viene da te, da te, come da tutti gli altri. E’ quando si vogliono fare le cose e le si fanno davvero alla fine.

Se c’è una volontà comune per una manifestazione, c’è anche per una rivoluzione.

Postilla 1 e grossissimo problema: per la rivoluzione servono i mezzi. Se non ci sono, si creano.

Postilla 2 e grossa disgrazia: si deve essere in tanti, e tutti con la stessa brama nel cuore.

Ovviamente sono tutte stronzate anche se le penso davvero, in Ucraina sono stati aiutati dagli Stati Uniti – ci sarebbero riusciti comunque?


Retate in San Salvario@Radio Blackout 105.250

L’informazione di Radio Blackout  (Torino)

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http://radioblackout.org/2014/03/san-salvario-retate-e-gentrificazione/

Il fenomeno “gentrification” cambia quartiere e dinamiche della vita della zona.

> “Con il termine gentrificazione (in inglese, gentrification, deriva da “gentry”, termine che indica la piccola nobiltà inglese) si indicano, in sociologia, i cambiamenti socio-culturali in un’area, risultanti dall’acquisto di beni immobili da parte di una fascia di popolazione benestante in una comunità meno ricca.” (Wikipedia)

Troppe retate e troppo visibili. La primavera scorsa, ci racconta Magda, dottoranda in sociologia, addiritura i droni furono usati.

Nel quartiere di San Salvario ci sono sempre stati affari del genere, c’erano gli spacciatori, c’erano i clienti.

I cambiamenti ci sono sempre, ci sono ovunque. Ciò di cui bisogna tener conto non è il fatto che le cose cambino, di per sè, ma piuttosto che direzione prendono.

Il cambiamento è in atto, si sa, lo sanno i commercianti, lo sanno le autorità, lo sanno i residenti, lo sanno le istituzioni comunali torinesi. I media (e non solo loro)lo hanno sempre descritto come qualcosa di “critico”.

“Critico” in questo caso sta a significare “estraneo”, come fenomeno, per la città.

Anche a  livello italiano, la rivitalizzazione dei quartieri popolari è un fenomeno nuovo e particolare. Di base, questa parte di Torino è sempre stata, di base, una zona moderna, con dell’attività, ma ha una popolazione composta da immigrati in prevalenza, immigrati che provengono dalle campagne torinesi, dal Sud Italia, dall’estero.

Quali si rivelano essere i problemi principali che affliggono alcuni ed i sospetti che questa situazione suscita?

a – che le retate non siano una risposta strutturale al problema. Risolvere una questione mentre il cambiamento stesso è in atto non serve. Il risultato potrebbe essere pessimo. Conviene aspettare, vedere cosa e come si trasforma la realtà e poi, semai, intervenire;

b – che sempre le retate siano legate alla campagna elettorale per le elezioni regionali ed europee (mese di maggio);

c – che i problemi dello spaccio siano legati alla chiusura dei Murazzi in centro (sposto i clienti, sposto i fornitori);

d – che il tira e molla delle licenze contingenti o meno per quanto riguarda l’apertura dei locali e delle attività commerciali.

 

By the way, io a San Salvario ci abito. E così male non si sta.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


“La stanza dei capelli” – Julianna Jonek

[…]

Perchè i capelli sono morti dall’inizio alla fine.

Non sono mortali perchè non sono vivi, e non sono immortali, perchè sono già morti.

Forse sono proprio loro che ci obbligano a pensare ossessivamente alla morte.

Siamo segnati dalla loro non-vita fin dalla nascita, li abbiamo sempre con noi, sono il nostro memento mori.

E la cosa buffa è che ciò che rimane di noi più a lungo sono le ossa.

E i capelli.

[…]

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Ringrazio l’Internazionale per avermi fatto scoprire questa bravissima scrittrice polacca.

Qualche info: nata nel 1985. Ha studiato a Varsavia e Parigi. Lavora all’Insytut Reportazu si Varsavia. Questo racconto d’esordio, Wlosy nasze powszednie (I nostri capelli quotidiani) è uscito nel novembre 2013 sul numero 4 di Akcent, rivista semestrale di arte e letteratura.


“Discorso sulla servitù volontaria” @Étienne de La Boétie

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“Per ora vorrei invece soltanto capire come sia possibile che tanti uomini, tanti Paesi, tante città, tante nazioni, a volte sopportino un solo tiranno, che non ha altra potenza se non quella che essi gli concedono; che non ha altro potere di nuocere, se non in quanto essi hanno la volontà di sopportarlo; che non saprebbe far loro alcun male, se essi non preferissero anzichè contrastarlo. Si tratta di una cosa enorme, certo, e tuttavia talmente comune da doversene più affligere che stupire: vedere un milione di uomini servire in modo miserabile, il collo sotto il giogo, non costretti da una forza superiore, ma in qualche modo (così sembra) incantati e affascinati dal solo nome d’uno, di cui non devono temere la potenza, poichè è solo, nè amare le qualità, poichè è inumano e selvaggio nei loro riguardi.”