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Reportage Compleanno ExMOI – 30 Marzo 2014

L’ExMOI è una occupazione dove vivono giovani e famiglie di 25 nazionalità, principalmente africani. Nelle palazzine vivono, oltre a quest’ultimi, anche famiglie con bambini.

Il 30 marzo del 2013 sono state occupate da queste ultime due palazzine con l’aiuto del comitato “Emergenza Nord Africa” e dei vari centri sociali torinesi, in particolare CSOA Gabrio ed Askatasuna.

Situato nel luogo simbolo della speculazione olimpica, l’ExMOI è diventato luogo di accoglienza di persone senza un tetto sulla testa.
Autogestite, le palazzine, il cui stato è tutt’ora abbastanza instabile in quanto a sicurezza ed igiene, ospitano più o meno 600 abitanti.

Il 7 aprile, sempre del 2013, una terza palazzina è stata occupata.

Nel maggio 2013 è stata aperta la scuola Giordano Bruno, in cui tre volte a settimana si tengono lezioni di italiano per stranieri, di matematica e di inglese (e gli insegnanti sono tutti volontari).

Il problema principale è sopperire alla mancata manutenzione passata. Il Comune, dopo poche settimane dall’inizio delle olimpiadi del 2006, ha abbandonato completamente il quartiere, e le palazzine sono inevitabilmente diventate obsolete e marciscenti.
Inoltre, altro problema da risolvere, si rivela essere la questione della residenza agli immigrati.
La residenza è individuale, il dilemma è che è ancora in via fittizia (casa comunale 3).

Le palazzine, nel frattempo, rimangono sotto il fondo della città di Torino, composto da Comune, Pirelli e San Paolo.

 

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Emeanua ci mostra i documenti sanitari che attestano la sua malattia, l’epilessia.

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Vive all’ExMOI da un paio di mesi, ma non ha ancora ricevuto l’aiuto di nessuno e non sa a chi rivolgersi.

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E’ disposto a farsi fotografare nella speranza di trovare qualcuno che gli dia una mano a risolvere il suo problema.

Flavia Aste 004

Un rifugiato dell’ExMoi ci racconta la sua storia e come è arrivato ad avere un tetto grazie all’aiuto del Comitato Rifugiati.

Non ha moglie, né figli.

Ora vive in una delle quattro palazzine occupate situate nel quartiere Lingotto di Torino.

In passato, ci dice, ha avuto problemi con la giustizia, per furto e spaccio.

“Rubavo per andare in discoteca e per comprarmi l’alcol. Bevevo e rubavo. Non facevo nient’altro”.

Flavia Aste 005

Ha dei progetti.

Prima di tutto, sistemare l’appartamento in cui vive.

Un soggiorno, una camera da letto, angolo cottura, due bagni.

Ci mostra, prima di tutto, quello che non va.

Le pareti di uno dei due bagni sono marciscenti, ci sono perdite continue dal soffitto.

L’acqua che cade dal soffitto, la cattiva manutenzione, i muri che cadono a pezzi ed il soffitto che in certi punti a stento regge, sono fenomeni presenti in tutte le palazzine del quartiere.

Flavia Aste 006

 

Nicola, il nostro accompagnatore, ci porta a visitare una terza palazzina occupata.

Conosciamo gli inquilini, stavolta proveniente dal centro Africa.

Sono disposti a farsi fotografare.

Mentre lavoriamo, di sottofondo eccheggiano le voci di una soap opera straniera.

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Ad un anno dall’inizio dell’occupazione si è data una festa.

Musica di vario genere; attività per bambini; cibo tipico senegalese; wall painting ed attività dimostrative.

Una vera e propria festa di quartiere.

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Fotografi ed attivisti dei centri sociali torinesi hanno dato il loro contributo.

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Sara partecipa da 3 mesi al progetto, ma è sempre più convinta di aver fatto la scelta giusta per lei.

Viene dal nord Africa, 34 anni, un figlio a carico.

Il padre del suo bambino è sparito da tempo.

Si sente utile nell’aiutare queste persone ed è stata felice di poter parlare con noi.


Perduti nel paesaggio @Mart di Rovereto

http://www.internazionale.it/portfolio/perduti-nel-paesaggio/

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Spazio, ambiente, territorio in cui si vive e da cui ci si allontana.

La mostra affronta il tema attraverso più di 170 fotografie, 84 opere pittoriche e interventi con tecniche, linguaggi e media diversi, coinvolgendo oltre sessanta artisti provenienti da tutto il mondo, molti mai presentati in Italia.


Come si ottiene il copyright ©

Youtube – Come si ottiene il copyright?

http://www.fotografi.org/diritto.htm ]

Concretamente la Legge – il cui scopo principale è quello di difendere la creatività del fotografo, e non tanto o non solo la sua professionalità – riconosce al fotografo il pieno diritto di gestire le immagini da lui realizzate, come autore.

Vengono però distinte le immagini creative da quelle non creative.

Le immagini creative (cioè quelle nelle quali si ritrova una traccia interpretativa ad opera del fotografo) sono protette fino a 70 anni dalla morte dell’autore, ed è sempre obbligatoria la citazione del nome del fotografo.

Le semplici fotografie, o foto non creative, sono invece protette per 20 anni dalla data di realizzazione, e la menzione del nome del fotografo è soggetta agli eventuali accordi fra le parti.

In ogni caso, nel momento in cui il fotografo realizza le proprie immagini, è pienamente titolare di tutti i diritti, sia economici che morali.

In seguito, anche subito dopo, può tuttavia decidere di vendere ad altri tutti questi diritti, o parte di essi. Tale cessione può tuttavia avvenire anche per imperizia, nel caso siano stati mal descritti gli elementi di cessione.

Ciò che determina quale parte di questi diritti vengono ceduti al cliente sono – appunto – gli accordi col cliente stesso. Dato che è difficile ricostruire accordi solo verbali, ne consegue che risulta ceduto al cliente quel diritto che viene indicato per iscritto nel preventivo, nella corrispondenza, nel buono di consegna o, al limite in fattura.

E’ quindi indispensabile specificare sempre quale sia la destinazione d’uso che si sta trasferendo al cliente a fronte di un certo pagamento. Si intendono trasferite al cliente quelle destinazioni, e le altre ne sono automaticamente escluse.

Attenzione, però: se le immagini sono realizzate su commissione, si deve specificare espressamente per quale uso le immagini sono state realizzate e cedute: infatti, la semplice dicitura “numero tot fotografie, euro tot” darebbe possibilità al cliente di pretendere la completa proprietà di tali immagini. L’Associazione cura e difende i fotografi nelle controversie che dovessero nascere.


Postilla sulla fotografia

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Flickr e altri siti di “fotografia” stanno diventando sempre più squallidi.

A parte il numero esponenziale di foto di merda che vengono caricate (e che hanno però un botto di visualizzazioni);

a parte uomini vecchi e bavosi che si spacciano per “fotografi”, quando in realtà il loro scopo è ben altro;

a parte le ragazze che si spacciano per “modelle”, quando in realtà per mettersi in mostra darebbero via anche il culo;

a parte questo, la cosa che mi fa un po’ più schifo delle altre è che la fotografia – in generale – ormai è priva di originalità.

Se si da un’occhiata in giro, su Facebook e non, la tonalità degli sfondi, la stessa.

Le espressioni dei modelli, le stesse.

Le frasi, le stesse.

Le inquadrature, le stesse.

La disposizione degli oggetti, la stessa.

E più una cosa è simile ad un’altra, più piace.

Il giudizio sul fatto che piaccia o meno, non mi pare più nemmeno legato né al gusto personale di chi guarda la fotografia, né alla tecnica che ha prodotto la foto stessa.

Non c’è più né un giudizio estetico, né un giudizio legato alle nostre conoscenze.

Il giudizio è moda.

E se il giudizio è moda, anche la fotografia lo è.

E quando qualcosa è moda, è merda.

La conclusione quindi si enuncia da sola.


Venerdì 4 Aprile “Dai monti del Kurdistan” @ Blackout House

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“Come un corpo solo” – Mostra fotografica dalle 19.

4 aprile 2014@Radio Blackout