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L’eterno ritorno dell’uguale @Nietzsche

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Prendi una situazione, una qualsiasi situazione.
Ogni situazione ha un certo sentimento collegato a sè
– rabbia
– gioia
– dolore

disincarna, estrapola, astrai, ritaglia, il sentimento dalla situazione.

Come stavi tu, in quel momento?
Bene.

Ecco, sappi che queste due righe le potrai ripetere ancora, all’infinito.

Gli eventi vanno aldilà dei fatti.
Il fatto è collegato a persone fisiche, a individui in carne ed ossa, a luoghi materiali, ad oggetti.
Segue un ordine cronologico.

Gli eventi sono quello che aleggia attorno a tutta questa futile materialità.
L’evento è qualcosa di incorporeo che emerge dalle situazioni composte da luoghi e persone fisici.
Se ne distacca, ma allo stesso tempo ne proviene.

Perchè si sta male quando un amore o una bella situazione della propria esistenza termina?
Perchè ci si ferma al considerare solo l’aspetto materiale del proprio problema.
Sto male perchè lui mi ha lasciato, perchè mi sento solo, perchè non ho più nessuno da baciare e con cui parlare.
Ma tutto questo è futile, se ci si pensa.

Cambia il punto di vista, pensa: in quel momento, con quella persona, io sono stato bene.
Io stavo bene perchè.
Io mi sentivo così.
Lui era così.
Eravamo là.

E’ un ricordo, se vogliamo usare questo termine, anche se non mi piace molto.

Mantenere il ricordo disincarnato di ciò che ci succede ci aiuta a tirare avanti, credo.
Se ci mettiamo nell’ottica che tutto quello che rimane in noi può in qualche modo ripetersi, INDIPENDENTEMENTE dalle persone che frequentiamo, che odiamo, che amiamo, che “viviamo”, dai luoghi in cui ci troviamo, dagli oggetti che maneggiamo.

Quel ricordo-sentimento sarà possibile per sempre.
Perchè dopo che hai vissuto qualcosa che ti fa stare bene, lo riconosci subito.
Subito.
E’ come se, appunto, ti tornasse a mente qualcosa che ti sembrava aver scordato.
E quando torna, beh, sembra sempre la prima volta.


“Discorso sulla servitù volontaria” @Étienne de La Boétie

venezuela1602

“Per ora vorrei invece soltanto capire come sia possibile che tanti uomini, tanti Paesi, tante città, tante nazioni, a volte sopportino un solo tiranno, che non ha altra potenza se non quella che essi gli concedono; che non ha altro potere di nuocere, se non in quanto essi hanno la volontà di sopportarlo; che non saprebbe far loro alcun male, se essi non preferissero anzichè contrastarlo. Si tratta di una cosa enorme, certo, e tuttavia talmente comune da doversene più affligere che stupire: vedere un milione di uomini servire in modo miserabile, il collo sotto il giogo, non costretti da una forza superiore, ma in qualche modo (così sembra) incantati e affascinati dal solo nome d’uno, di cui non devono temere la potenza, poichè è solo, nè amare le qualità, poichè è inumano e selvaggio nei loro riguardi.”