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Democrazia intelligente? – La Turchia non sfiducia Erdogan @Radio Blackout – Le dirette

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http://radioblackout.org/2014/04/la-turchia-non-sfiducia-erdogan/

C’è qualcosa che non va.

[…]

“Erdogan tiene eccome in tutte le principali città del Paese. Tiene soprattutto a Istanbul e ad Ankara, teatro di scontri durissimi che hanno messo in discussione questo personaggio e attaccato i luoghi simbolo del suo potere.”

[…]

Ogni volta mi sembra una barzelletta, giuro.

Non riesco a spiegarmi, mai, mai, come qualcosa che fa male, torna.

O meglio, riesco a spiegarmelo a livello individuale. Pensiamo a tutta la storia di Freud, il fatto che per quanto qualcosa ci possa nuocere, ci andiamo incontro. Vita e morte, la loro coesistenza. L’uomo è fatto per vivere, ma al contempo per autodistuggersi.

Ma a livello sociale funziona davvero allo stesso modo?

Se individualmente siamo fatti così, lo dobbiamo per forza essere anche ad un livello più ampio di coscienza?

Ha senso, da un lato. Preso dal punto di vista degli studi psicologici sì.

Ma la psicologia è appunto dell’individuo. E non è scienza, anche se la spacciano per tale.

Ci provano, a ricercare leggi generali, ma non le troveranno mai. E la stessa cosa succede in sociologia, antropologia e via dicendo. Pseudo-scienze non da buttare, ma non di certo da considerare allo stesso modo della chimica o della geologia.

Ora, cambiando il punto di vista, ossia pensando a qualcosa di sociale/collettivo, ciò non ha senso, a mio parere.

Nel collettivo si ricerca il meglio.

E non si tende all’autodistruzione.

In Italia c’è un solo caso simile, di una persona che ha fatto del male, ma che se tornasse a candidarsi è possibile possa tornare al potere.

E tutto sappiamo di chi sto parlando.

In casi del genere, mi spiace, ma è il popolo che se la va a cercare.

Viva la democrazia sempre, ma la democrazia deve anche combattere per il suo onore, deve essere orgogliosa di essere democrazia.

Democrazia intelligente, auspico.


Reportage #29M: Corteo regionale per il diritto alla casa

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https://www.youtube.com/watch?v=AuCM4W4qsWM ]

Il 29 marzo scorso si è svolto a Torino il Corteo regionale per il diritto alla casa.

Presenti i movimenti per il diritto alla casa, rappresentanti dei principali centri sociali torinesi e delle principali organizzazioni autogestite, come i C.S.O.A. Gabrio eAskatasunaRadio Blackout e la Federazione anarchica torinese, ma non solo: in piazza sono scesi anche i rifugiati dell’ExMOI Occupata, insegnanti aderenti al CUB Scuola, comitati provenienti da diverse zone della regione Piemonte e membri delMovimento dei Forconi.

Partito da via Madama Cristina all’angolo con corso Marconi il corteo si è diramato per tutta la città, facendo tappa in alcuni luoghi simbolo della protesta, come il palazzo storico oramai in disuso che verrà sostituito da un hotel a quattro stelle in piazza Carlo Emanuele II e la sede di Intesa San Paolo in Via Santa Teresa, istituto non ben visto agli occhi dei movimenti per il diritto all’abitare.

La protesta è stata fondamentalmente contraria al nuovo piano casa, proposto daMatteo Renzi, tacciato di favoritismo nei confronti dei gruppi immobiliari e dei costruttori ed insoddisfacente riguardo alle novità per l’emergenza abitativa.

Fortemente criticato è stato in particolare l’art. 5 del Piano casa, che impedirebbe ai lati pratici le occupazioni autogestite:

L’articolo 5 mette nero su bianco il fatto che debba essere negato il diritto alla residenza, alle utenze ed ai servizi principali come l’acqua e la luce”, spiega uno degli organizzatori del corteo.

I movimenti per il diritto alla casa sono attivi da tempo, ed un passo avanti era già stato fatto in occasione della manifestazione del 19 ottobre a Roma, dove furono richieste nuove politiche abitative.

Occupazione è un termine dispregiativo usato dalle istituzioni che privilegiano la proprietà privata a svantaggio del welfare e del sociale”, raccontano due rappresentanti del collettivo Pietra Alta di Corso Vercelli dove la situazione è migliorata grazie all’impegno profuso dalla nuova collettività attraverso attività ricreative, palestre, asili, scuole.

La soluzione che abbiamo trovato, per quanto riguarda il nostro problema, e non trovando risposte adeguate dalle istituzioni, è stata l’occupazione di uno stabile abbandonato. Chi dormiva su una panchina, chi veniva da una cantina, gente sotto sfratto o famiglie con bambini. Ora, dopo l’occupazione non vivono più nel degrado di prima.”

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[Articolo, video e foto di Flavia Aste e Mirko Isaia]

 Foto di Mirko su WordPress:

http://mirkoisaia.wordpress.com/2014/03/31/29m-corteo-regionale-per-il-diritto-alla-casa/


Cos’è che delegittima un avversario? @Il realismo politico di Machiavelli

Non si fa faticare a paragonare l’italiano odierno all’homo sapiens e nemmeno all’uomo dei “secoli bui” del Medioevo.

Bui per modo di dire, poi.

Il realismo politico ha radici classiche.

Lo si può rintracciare nel primo libro de “La Repubblica” di Platone.

In uno dei tanti dialoghi che vedono protagonista Socrate, appare un personaggio, un certo Trasimaco, il quale irrompe sulla scena urlando ed accusando il povero Socrate d’esser solo un vecchio inutile, di voler sentire da lui stesso la verità, di smettere di porre soltando domande, ma di dare dellerisposte ai quesiti.

Socrate, astuto com’è, replica dicendo che in realtà è semplicemente Trasimaco che vuole rispondere, ma a causa del suo carattere ha portato la conversazione alla degenerazione.

“Che cos’è la giustizia?” 

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E’ questa la domanda che all’inizio del dialogo trapela.

La legge, dice Trasimaco, è ciò che giova al potere costituito.

Ogni governo fa le leggi per il proprio tornaconto ed il giusto è semplicemente il vantaggio del più forte, di colui che detiene il potere.

Questa visione “cruda” della politica è quella tipica del realismo.

Il realismo, come corrente di pensiero, riduce la politica al potere.

 

Machiavelli è vissuto in un periodo di tremenda instabilità per l’Italia.

(un momento.. c’è mai stato un periodo di stabilità?)

Un Paese – eternamente – diviso al suo interno; 

(ricordate comuni, principati & co.?);

una classe politica corrotta, lotte intestine e quant’altro.

 

Mi ricorda qualcosa.. anche se siamo nel 2014 e sono passati cinquecento anni.

 

Il realismo machiavelliano è interessante come pensiero.

Pensiero alquanto fondato, in quanto ci spiega che la lotta, in politica, è inevitabile.

L’uso della forza, anche se in questi termini intendo “forza verbale”, è strutturale alla politica, di qualsiasi Paese, e l’Italia non faceva e non fa eccezione alcuna.

 

Gli interessi sono sempre duplici: vi sono quelli del cittadino e quelli dello Stato.

E raramente essi coincidono.

Tutte le società hanno minoranza e maggioranze, in Parlamento e fuori di esso.

 

Uno Stato funzionante è armonioso, ma al suo interno il confronto tra queste due fazioni è perenne.

Se non c’è confronto (scontro), non c’è politica.

 

Il conflitto tra due gruppi di pensiero può rivelarsi, però, costruttivo o distruttivo.

Machiavelli oppone due realtà altamente differenti per spiegarci questo.

Un conflitto costruttivo, era per esempio la “lotta” politica durante la Repubblica di Roma.

Il conflitto ideologico riusciva ad essere incanalato negli organi costituzionali, controllato, legittimato.

Istituzionalizzato, per questo costruttivo.

Vi era rispetto reciproco, rispetto che proveniva da entrambe le due fazioni, della “cosa pubblica”, il terreno dove ci si confronta.

 

La “teoria del governo misto”, esaltata nei “Discorsi sulla prima deca di Tito Livio”, sarebbe un sistema che genera stabilità all’interno del corpo politico di un Paese, pur mantenendo il conflitto all’interno, come germe ineliminabile della politica stessa.

La stabilità è garantita da una sorta di “checks and balances” anacronistico: il bilanciamento dei poteri.

 

Ora, Machiavelli non era uno stupido, e vedeva come realmente andassero le cose in Italia.

Il conflitto era basato sulla delegittimazione reciproca.

Esso, del resto, non era istituzionalizzato e l’avversario non veniva tantomeno trattato con rispetto, anzi, l’avversario non aveva quasi diritto d’esistere.

 

Cos’è che delegittima un avversario?

Per Machiavelli, la costante tendenza al bipolarismo.

Un opposizione logica: A e NON-A.

Ecco ciò che annienta il dialogo, il conflitto “costruttivo”.

Scontri ideologici del genere sono solamente distruttivi e non portano a nulla, se non aumentare la ferocia dei partecipanti.

Le questioni di cui si “discute”, anche se è un termine alquanto ambiguo, dato che oggi, per esempio, in Parlamento volano addirittura le sedie, non si svolgono più al fine di fare progetti per la “cosa pubblica”, ma si svolgono solo perinteresse privato.

Il passaggio da interesse pubblico ad interesse privato (personale) è ciò che logora il conflitto costruttivo rendendolo distruttivo.

Un “armoniosa conflittualità” simile a quella della Repubblica romana, non può che fare bene ad un Paese ed alla sua politica.

Ma quando non c’è dialogo tra le parti, il sistema si logora.

La politica è scontro, ma deve essere uno scontro finalizzato, ragionato e ragionevole.

 

Questo discorso, se ci si fa caso, è molto attuale.

Nessuno vuole fornire ricette di politica, qui.

Ma la realtà l’abbiamo tutti davanti agli occhi.

Le questioni diventano questioni di principio.

Ai piani alti e specularmente ai piani più bassi.

Ad “A” inevitabilmente deve seguire un “NON-A”.

L’opposizione logica, che annienta entrambe le parti, non può che essere oramai radicata nel sistema.

Sistema che si sta distruggendo non per progressiva entropia, ma a causa di un violento, repentino: boom.